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  • 22 Settembre 2025

    Pochi infermieri e mal pagati. La crisi in corsia

    Stipendi non competitivi e carico di lavoro eccessivo: perché sempre meno giovani scelgono la professione infermieristica

    Infermiere seduto in ospedale con postura stanca e testa chinata

    17.215 domande per 18.918 posti, sono questi i numeri degli esami di ammissione al corso di Laurea in scienze infermieristiche quest’anno. Meno candidati che posti, con un calo dell’11% rispetto al 2024 quando furono 19.421. Il problema però non è solo di chi lavora in sanità ma di tutti, senza personale gli ospedali chiudono. Come sta già avvenendo: in molte realtà alcuni reparti sono stati ridotti, dei servizi sono stati chiusi o accorpati ad altri, nuove strutture non sono mai partite o sono solo parzialmente aperte. Qualcuno ha pensato di importare infermieri dall’estero ma la soluzione non regge: oltre ai problemi di lingua, cultura e formazione, le nostre retribuzioni non sono concorrenziali con gli altri paesi nostri vicini, se uno deve spostarsi dall’India va in Germania, non certo in Italia. Perfino chi parte dall’Albania, Paese con il quale abbiamo una certa affinità, va da altre parti.

    Se la criticità è garantire una adeguata presenza di personale alle sempre maggiori e più complesse necessità cliniche, la scarsità di candidati e di studenti in infermieristica sta pericolosamente abbassando i livelli di selezione, si promuove chiunque pur di avere poi nelle corsie ospedaliere qualcuno che guardi i malati. Per tamponare, almeno in parte, il problema, è stata recentemente istituita la figura dell’“assistente infermiere”, una sorta di OSS (operatore sociosanitario) riqualificato, che va bene come aiuto parziale ma non può sostituire le competenze e professionalità di chi ha avuto una formazione specifica (poi, come sempre, la differenza la fanno le persone, ci sono OSS bravissimi e molto attenti).

    Un infermiere guadagna meno di un cameriere, che però non è tutti i giorni a contatto con la sofferenza e con la morte, non fa turni notturni di 12 ore, e non ha le stesse responsabilità: sbagliare un piatto non è la stessa cosa che sbagliare una flebo.

    Inutile girarci intorno, vanno adeguate le retribuzioni e commisurate a cosa si fa e dove, un conto è lavorare a Milano in un reparto molto gravoso, un altro è fare assistenza in una realtà meno impegnativa in aree del Paese meno impegnative. E se aumentano i costi del personale vanno conseguentemente rivisti i rimborsi riconosciuti per le prestazioni sanitarie, come i DRG.

    Foto Unsplash