• CHI SIAMO
  • ATTIVITÀ
  • NEWS
  • CONTATTI
  • 18 Giugno 2023

    Il difficile tema dell’appropriatezza terapeutica

    Un problema che ha ricadute negative sia sui singoli pazienti sia sul sistema sanitario

    Tra le tante riflessioni fatte sulla pandemia e sulla sua gestione, una manca. Si tratta della insormontabile difficoltà a mettere in pratica semplici indicazioni scientifiche di base.

    A oltre tre anni da quando tutto cominciò sono ancora tantissimi i casi di infezione da SARS CoV-2 nei quali si assiste alla prescrizione di antibiotici, totalmente inutili per una malattia virale.
    L’azitromicina la fa da padrone nella terapia di una condizione per la quale non serve a nulla, mentre crescono pericolosamente le resistenze antibiotiche.
    Come anche resta un problema l’uso improprio dei cortisonici, prescritti in migliaia di casi per forme lievi, in assenza di polmonite e di insufficienza respiratoria, quando i dati scientifici sono inequivocabili nell’indicare solo in queste situazioni la loro utilità.
    Questi due esempi paradigmatici devono fare riflettere su quanto possa essere difficile implementare indicazioni scientifiche nella comunità medica.
    Eppure, del COVID, delle sue terapie e della sua gestione si è parlato all’infinito, e se questo accade per una condizione di cui si è discusso così tanto, figurarsi cosa può succedere quando si cerca di mettere in atto percorsi diagnostico-terapeutici e linee guida per altre patologie. È un problema non solo italiano, ma questo non può consolarci.
    Il tema dell’appropriatezza prescrittiva ha moltissime ricadute: sulla salute del paziente, sulla spesa sanitaria, su possibili tossicità o, appunto come nel caso degli antibiotici, sullo sviluppo di resistenze.
    Difficile immaginare cosa proporre per modificare un atteggiamento superficiale che sembra indifferente e insensibile a qualsiasi azione correttiva.
    Le rigidità non pagano, l’abbiamo visto nelle esperienze di altri paesi, meglio pensare a azioni di sensibilizzazione da condurre attraverso una formazione continua pensata diversamente da come è stato fatto sinora, più interattiva e rivolta alla pratica clinica, meno di didattica frontale.
    Anche i supporti tecnologici possono essere di grande aiuto “guidando” il clinico nella giusta direzione, fornendo i suggerimenti e le indicazioni più opportune, a seconda dei dati clinici e dei dati del paziente in valutazione.

    Senza arrivare ai nuovi sistemi di Intelligenza Artificiale, esistono già oggi software che possono integrare il lavoro del medico di medicina generale e anche degli specialisti in modo prezioso. Nessuno vuole aggiungere burocrazia alla burocrazia o creare nuovi vincoli alle